Con la Festa della Presentazione del Signore al Tempio di Gerusalemme siamo riportati, in qualche modo, al tempo del Natale. Siamo invitati a fare memoria grata della prima salita di Gesù a Gerusalemme: Maria e Giuseppe “consegnano” a Dio quel Figlio che avevano da Dio ricevuto in dono.
Proprio il gesto di Maria e Giuseppe illumina una dimensione fondamentale della vita consacrata: la scelta libera di non trattenere nulla, ma di tutto consegnare: le cose (povertà), le relazioni (castità), la libertà (obbedienza). Una consegna però in alcun modo alienante, ma che, anzi, ci restituisce a noi stessi: noi possediamo davvero solo quello che sappiamo donare e condividere secondo una “logica” di sovrabbondanza e dismisura.
Insieme, però (ed è anzi la cosa più importante), la Festa di oggi ci invita a contemplare la piena umanità di Gesù, in tutto obbediente alla Legge e alla comune condizione umana: “doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede” (Eb 2,17). Già l’evento della Presentazione al tempio è “incorniciato” dal riferimento alla Legge (cfr. Lc 2, 22.39).
La vita consacrata è chiamata a raccogliere la sua profezia nel testimoniare in modo credibile che proprio Gesù, nella sua piena umanità (cfr. anche Lc 2,40: “il bambino cresceva…), è il Dio venuto “a espiare i peccati del popolo” (Eb 2,17). Perchè -come ricordano i Padri- “solo ciò che è assunto può essere salvato”.