Oggi, la Chiesa di Savona gioisce con te, caro Gabriele, con i tuoi genitori e i tuoi familiari e con tutti quelli che ti vogliono bene. Oggi diventi diacono e mi piace subito consegnarti le parole di Policarpo citate dalla Lumen Gentium, nella pagina (il famoso n. 29) che certo avrai più volte riletto in questi giorni: i diaconi “siano misericordiosi, attivi, e camminino nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”. Parole che indicano uno stile, un “come”, più che un “che cosa”; perché in tutte le cose importanti della vita, è “il come” a fare la differenza! Parole che lasciano subito intra-vedere un modo bello di vivere il vangelo, una maniera un po’ diversa di abitare il mondo…

Ho scelto di non cambiare i testi che la liturgia della Chiesa ci consegna in dono in questa domenica, perché -pur non essendo direttamente riferibili al diaconato- indicano una direzione che mi sembra interessante: quella di una chiamata che ci fa uscire dai nostri nascondigli e ci fa entrare in una famiglia nuova.

“Dove sei?”. Alla domanda di Dio (la prima domanda -la domanda fondamentale, quindi!- che Dio rivolge all’uomo), Adamo risponde con sincerità: “ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo e mi sono nascosto”. “Dove sei, ci sei?”: è la domanda che Dio sempre di nuovo rivolge a te, a me, a ciascuno di noi. Non è domanda che giudica, è invece invito a non avere vergogna  dei nostri nascondimenti, a prendere contatto con le nostre ombre e paure, e a metterci in cammino.

Quando comprendiamo che la domanda di Dio non è una condanna, ma un invito alla consapevolezza, scopriamo il sogno di Dio scritto nel più profondo di noi, che oggi per te prende il volto di una famiglia nuova: “chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”, ci ha detto Gesù nel vangelo. Questa famiglia è per te la Chiesa di Savona, nella quale oggi vieni per sempre incardinato, in forza del diaconato che ti viene conferito. Mi permetto (col tuo consenso!) di citare quanto mi scrivevi il 28 marzo (Mercoledì Santo!): desidero “fondarmi con forza nella Chiesa diocesana che, sin dall’infanzia, mi ha guidato e custodito…Chiedo di essere custodito dalla mia Chiesa e spero di poterla custodire a mia volta nelle fatiche della quotidianità”.

E’ molto bello quello che scrivi: chiedi di essere custodito e di poter a tua volta custodire. Una custodia che prende oggi la forma del servire, come Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito. Per servire e non per offrire “la prestazione di alcuni servizi” (che spesso, lo sai, sono anche abbastanza inutili e non bastano a darci la gioia). Per servire, donando la vita senza trattenerla…E’ questa la bellezza e la fragranza del vangelo..

Nel desiderio di vivere questo servizio e questa custodia tu oggi accogli liberamente il dono del celibato. E’ una scelta coraggiosa e controcorrente, e tu ne sei consapevole. “Ci chiede d’imparare a vivere bene la solitudine, ad abitare e nutrire il nostro mondo interiore e le nostre relazioni, perché la solitudine non diventi isolamento” (Messa crismale 2017). Ed è una scelta che chiede alla nostra Chiesa di Savona di custodire davvero (e non retoricamente, a parole!) i legami e gli affetti, perché una Chiesa fatta solo di prestazioni è alla fine soffocante e disumanizzante. Oggi preghiamo per te, Gabriele, perché tu viva -senza paura per le inevitabili fatiche- il tuo celibato come possibile e gioiosa pienezza di umanità, e il tuo diaconato come capacità di curvarti sui fratelli, in particolare sui fratelli poveri, come Gesù, che lava ogni giorno i piedi a noi, suoi poveri, e ci nutre con il pane dell’Eucaristia. E te, Gabriele, prega per la Chiesa di Savona e per ciascuno di noi, perché ci lasciamo ogni giorno convertire dal vangelo di Gesù.