In questo giubileo ci è dato un tempo per ritrovare il filo della speranza facendo esperienza della misericordia di Dio. Questo è il senso profondo dell’anno giubilare che apriamo anche nella nostra diocesi ed è questo che dice la grande gioia che abita nel nostro cuore. Siamo felici perché abbiamo camminato e pregato, siamo stati aspersi con l’acqua benedetta e ora spezziamo il pane dell’Eucaristia.
Il giubileo è il tempo della speranza, di cui abbiamo molto bisogno in questo periodo difficile. Ritrovare la speranza è possibile in due forme intrecciate fra loro: il pellegrinaggio e la richiesta del perdono. C’è un legame indissolubile tra speranza e perdono: il perdono apre il nostro cuore alla speranza e sperando troviamo le forze per perdonare.
La forma del pellegrinaggio l’abbiamo iniziata oggi. Nella bolla di indizione del giubileo “Spes non confundit” papa Francesco ci ricorda che “mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Vivere il tempo del pellegrinaggio verso la meta della propria fede è vivere una fede che cammina”. L’anno giubilare ci aiuterà a ritrovare il senso della vita, che non è una consapevolezza intellettuale ma la forma che la nostra vita è chiamata ad assumere. Ritrovare il senso della vita significa ritrovare Gesù. Penso alla preghiera di sant’Agostino: “Fa, o Signore, che io ti conosca, fa che mi conosca”. Ci siamo messi in cammino aprendo solennemente l’evento giubilare camminando dietro la Croce, dietro Gesù.
Il Vangelo di Luca ci parla di Gesù come del pellegrino giusto: Gesù dodicenne pellegrino con mamma e papà verso il Tempio di Gerusalemme è il vero pellegrino. Fin da piccolissimo nella sua vita Gesù ha fatto tanti pellegrinaggi ma questo suo da dodicenne è significativo. Il primo aspetto che vorrei sottolineare è che si unisce alla comitiva. Nell’enciclica “Evangeli gaudium” Francesco definisce la nostra vita come “un viaggio che ci spinge oltre noi stessi”. La vita è dunque un pellegrinaggio e noi siamo una carovana che cerca speranza.
Il secondo momento è che dalla carovana prima o poi ci dobbiamo staccare. A fine maggio saremo a Roma, durante l’anno vivremo i nostri pellegrinaggi di gruppo e individuali ma il giubileo è il tempo che riguarda ognuno di noi, un tempo in cui entrare in silenzio a Roma attraversando la Porta Santa oppure nelle chiese giubilari della nostra diocesi. Ci sono però anche altri luoghi giubilari, come il luogo del dolore e della malattia: prendere per mano un malato e fermarsi un momento insieme a lui è anche questo giubileo.
Il senso del giubileo è ritrovare la speranza ma anche trovare il mistero santo di Dio in cui prende forma la nostra vita. Siamo cristiani peccatori, distanti e distratti e ci mettiamo in cammino per ritrovare il senso della vita. Il terzo momento è che Maria e Giuseppe ritrovano Gesù, il quale torna con loro e sta a loro sottomesso. Dunque il ritorno. Ci muoviamo in comitiva verso il luogo santo, ci stacchiamo dalla comitiva per vivere l’esperienza di intimità con Dio e poi torniamo con gli altri, cambiati.
Questo desidero per il nostro giubileo, ovvero che non sia una faticosa somma di cose da fare. Purtroppo anche nella comunità cristiana commettiamo questo genere di errore. Ciò che ci cambia davvero è il nostro incontro intimo e personale con il Signore per ritrovare in Gesù lo sposo, l’amico, il senso della nostra vita.
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