Savona. L’accoglienza dei profughi ucraini in provincia pare aver raggiunto un punto d’equilibrio dopo il picco nelle prime fasi della guerra contro la Russia. “Non abbiamo registrato nuovi arrivi, anzi alcune persone si sono spostate altrove sul territorio nazionale e alcuni hanno persino intrapreso la via del ritorno – dichiara Marco Berbaldi, presidente della Fondazione ComunitàServizi – I numeri sono stabili attorno alle 1200 presenze, di cui circa 250 in carico ai Centri di Accoglienza Straordinaria. I restanti sono accolti in maniera per così dire informale da connazionali, volontari o associazioni. La fondazione segue direttamente una sessantina di persone: 47 nei CAS e 13 in accoglienza diffusa presso comunità parrocchiali. Inoltre una cinquantina di famiglie usufruisce del nostro emporio per rifornirsi di beni di prima necessità”.

Non è solo il soddisfacimento dei bisogni primari ad aver un ruolo importante nell’accoglienza. “Con l’associazione Pokrova organizziamo incontri due giorni a settimana nella Chiesa del Sacro Cuore di Gesù per facilitare il percorso di inclusione e orientamento dei profughi – prosegue – L’obiettivo è da un lato aiutare le persone a calarsi in una realtà nuova e differente, in circostanze ovviamente drammatiche, dall’altro mantenere vivo il senso di appartenenza alla comunità ucraina, con la speranza che un rientro a casa sia possibile in tempi rapidi. Anche al CAS di Valleggia la presenza di volontari è fondamentale per iniziare a creare un senso di vicinanza e relazione tra profughi e residenti”.

La risposta popolare nei confronti degli ucraini è stata infatti molto empatica. “Abbiamo riscontrato una disponibilità straordinaria vista raramente in altre situazioni di emergenza umanitaria – ammette Berbaldi – Senza dubbio la narrazione mediatica dell’invasione russa ha giocato un ruolo importante ma è probabile che anche la percezione della vicinanza geografica e culturale abbia influito molto. La maggioranza delle persone accolte sono donne e bambini, a volte giunte in auto. L’Ucraina è relativamente vicina e lo stile di vita è comparabile al nostro: sono fattori che facilitano l’immedesimazione”.

Una tale disponibilità non deve andare smarrita. “Speriamo davvero che questa ondata di supporto e comprensione non sia una reazione isolata ma un seme in grado di attecchire e diventare parte integrante del tessuto sociale della città – conclude il presidente della Fondazione ComunitàServizi – Sarebbe fondamentale capire che chiunque fugga dal proprio Paese ha bisogno d’aiuto, non solo chi è ‘come noi’ e in cui possiamo immaginarci a ruoli invertiti”.

UNHCR
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