Nella Pasqua del Signore la Pasqua di papa Francesco

La messa di suffragio per papa Francesco

L’omelia del vescovo Calogero Marino
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Celebriamo questa eucaristia nella luce della risurrezione. Anche oggi è Pasqua, come domenica scorsa. Anche oggi la Chiesa è in festa nello stupore del Cristo risorto. Il sepolcro non l’ha trattenuto, è vuoto. Il Risorto all’alba della domenica incontra prima le donne e poi alla sera i due viandanti in cammino verso Emmaus, in realtà in fuga da Gerusalemme. Viandanti smarriti, abbiamo ascoltato la sapienza di Luca, che discutevano e conversavano: parole infinite, senza capire quello che era accaduto; occhi impediti; il volto triste. Verrebbe da dire “morti che camminano”. Quel viandante misterioso, sconosciuto, si fa vicino a loro e cammina con loro.

Ecco la prima bella notizia che Luca vuole dire ai suoi lettori: il Risorto è vive e cammina insieme a noi, fa strada con noi, si accosta. Ricordo ancora con gratitudine un biglietto di auguri ricevuto alcuni anni fa da un amico monaco: “Che il Risorto ti sia accanto e cammini con te!”. Proprio così! Il Risorto si fa accanto ai due discepoli, cammina con loro e li interroga: “Di che cosa state parlando?”. Gesù è l’uomo delle domande, non è innanzitutto l’uomo delle risposte e delle affermazioni, è l’uomo che interroga perché vuole aiutare i due discepoli tristi e in fuga a prendere coscienza di quello che stava accadendo.

Raccontano i giorni di Pasqua ma, come dire, come la cronaca giornalistica di qualcosa che è accaduto, senza pathos, senza cuore. Allora Gesù li aiuta a fare discernimento e spiega le Scritture: “Non bisognava forse che il Cristo patisse queste cose”. Cominciano a capire, poi si fermano e spezza il pane. Luca lo dice con quel linguaggio meraviglioso: “Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”. Il testo di Luca non parla soltanto della risurrezione di Gesù ma anche della nostra, la risurrezione dei due discepoli.

Lo sottolineo spesso, mi piace dirlo, i misteri fondamentali della fede cristiana sono sempre duplici: nella Pasqua di Gesù la nostra Pasqua, nel Natale di Gesù il nostro Natale. Non solo celebriamo la resurrezione di Gesù ma anche facciamo esperienza di una vita per pura grazia risorta. Allora gli occhi vedono, il cuore arde, la speranza è ritrovata. Questo è successo ai due discepoli la sera di Pasqua. Cogliete la tenerezza di Gesù, la sapienza davvero da maestro buono di Gesù che accompagna il cammino dei due discepoli e li aiuta appunto a risorgere.

I due discepoli sono simbolo di ciascuno di noi, della Chiesa di sempre. Quante volte anche noi nella nostra vita siamo smarriti, con la faccia triste, occhi che non vedono, cuore indurito, freddo. Nell’incontro con Gesù il cuore arde di nuovo. Allora ritornano indietro, pellegrini di speranza: scappavano da Gerusalemme ma ora ci tornano con passo lieto e ritrovano il gruppo. Si erano staccati dal gruppo degli undici, erano scappati via, ma ora tornano: “Abbiamo visto il Signore!”.

Mi permetto, sono sicuro che Gesù non si arrabbia, di attualizzare questo testo che si legge oggi in tutto il mondo durante l’Eucaristia. In questo viandante che si accompagna al cammino della fuga dei due mi pare di riconoscere in filigrana anche il volto e la persona di papa Francesco. Del resto è proprio così: l’uomo di Dio diventa per pura grazia simile al Maestro. Quello che è stato Gesù per i due di Emmaus è stato in questi anni per noi papa Francesco. Anche noi siamo come questi due smarriti! È stato compagno di strada non solo della Chiesa dei discepoli di Gesù ma del mondo.

Tengo a ringraziare di vero cuore Zahoor Ahmad Zargar e la comunità musulmana, chi rappresenta la tradizione buddista, i cristiani delle altre confessioni ed esponenti di altre religioni che in questi giorni hanno telefonato ed espresso la loro vicinanza. È bello che siate qui questa sera! Francesco ha speso la vita anche per il dialogo interreligioso e l’ecumenismo. Ringrazio il sindaco e le autorità! Questa vostra presenza è significativa: certo, papa Francesco era il vescovo di Roma, vescovo cattolico, ma in qualche modo è stato un’autorità morale, un segno di speranza per tutto il mondo.

Si è fatto compagno di strada dal 13 marzo 2013, quel tardo pomeriggio. Forse ricordate, venivamo da anni molto difficili: la crisi economica del 2008, nella Chiesa l’esplodere della questione della pedofilia, scandali economici, le dimissioni di Benedetto XVI. Era un tempo di grande smarrimento. Quella sera, come dire, un angelo si è messo a camminare con noi e si è fatto segno della tenerezza di Dio. Per questo siamo grati e la vostra presenza è certo significativa di questo, come, mi pare, anche oggi la gente che continua a sfilare. Qualcuno è partito oggi da Savona ed è riuscito a passare un attimo davanti alla salma.

Questo è stato Francesco in questi anni: un compagno di cammino che ha saputo restituirci speranza. Dicevo del 2013 ma, è importante dircelo, questi anni sono davvero terribili: dal 2020 ad oggi il Covid e le guerre, senza un giorno di sosta. Lui ci ha presi per mano e ci ha accompagnati, noi smarriti, come i due di Emmaus. Ci ha presi per mano a partire da quella sera, credo che la ricorderete tutti, del 27 marzo 2020: quelle parole magistrali, memorabili, dette nella piazza san Pietro vuota in tempo di Covid. Ero ancora parroco a Lavagna, ricordo telefonate di amici non credenti che mi dicevano “Hai visto?”, “Hai sentito?”. Che bello!

Qualcuno ricorderà in quei mesi lì le messe al mattino a Casa Santa Marta che trasmetteva la televisione, ogni giorno il ricordo di una categoria, come i panettieri, gli infermieri, gli anziani soli, i bambini. Qualcuno lo chiama “parroco del mondo”: forse è un po’ banale ma è stato anche questo, testimone di giustizia e di pace. Poi questi ultimi giorni in cui davvero si è fatto pane spezzato, come nel testo di Emmaus: prima Gesù spiega le Scritture, poi spezza il pane e alla fractio panis lo riconoscono. Forse queste due ultime settimane sono state la fractio panis magistrale di papa Francesco. Me lo scriveva un’amica stamattina, nelle ultime settimane ha salutato tutti: prima i bambini del Gemelli, poi gli operatori sanitari, il carcere e domenica in piazza san Pietro il popolo.

Se la sentiva! Lo vedevamo il volto che non reggeva più ma lui se la sentiva. Fino all’ultimo ha voluto salutare e in quel saluto è diventato pane di speranza e pace che ci ha restituito occhi capaci di vedere e ardere. Comprendete perché è bello essere qui questa sera: affidarlo all’abbraccio tenerissimo di Dio clemente e misericordioso ma anche rendere grazie per il dono che è stato per noi. Credo che ciascuno di noi possa ricordarlo: io in particolare ricordo a febbraio scorso il lungo incontro con i vescovi liguri in una piccola stanza. Ciascuno ricorda qualcosa, un’immagine vista in televisione, qualche parola. È bello ricordare questo per pregare e portare nel cuore il dono che è stato per noi in questi anni, come il Dio di Emmaus. Certo, in grazia di Dio ritroviamo speranza ma gli uomini di Dio sono quei segni, piccoli e grandi, che dopo Dio ci aiutano a ritrovare speranza.

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