Ascolta l’omelia del vescovo Calogero Marino
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Più volte Gesù è entrato nel Tempio di Gerusalemme ed è salito a Gerusalemme. Mi colpiva che molti di noi erano qui il 29 dicembre nella memoria di quell’ingresso di Gesù dodicenne a Gerusalemme. In fondo i protagonisti, i personaggi sono gli stessi: Gesù, Maria e Giuseppe. Questo è il salire a Gerusalemme della famiglia di Nazareth, il suo giubileo, il suo pellegrinaggio. Noi siamo qui oggi appunto come per un giubileo, un pellegrinaggio. Oggi è il giubileo diocesano della vita consacrata e noi siamo felici di questo e grati per la vostra testimonianza di consacrati.
Oggi è il giorno della gratitudine, la mia, la nostra e della Chiesa di Savona. Qualche volta non riusciamo ad esprimere bene questa gratitudine, siamo troppo riservati nel ringraziare, eppure oggi è grande la nostra gratitudine perché c’è un carisma che voi testimoniate nella Chiesa di Dio: il carisma di chi volge lo sguardo verso l’alto. In una Chiesa sinodale ogni condizione e forma di vita testimonia un aspetto del mistero di Gesù: voi testimoniate la comunità cristiana che attende il ritorno e la piena manifestazione del Signore Gesù e per questo vi siamo grati.
Anche voi siete grati per la chiamata che avete ricevuto dal Signore. Oggi rinnovate, davanti all’Assemblea, la vostra consacrazione, il vostro cammino nelle diverse forme di vita: la consacrazione religiosa femminile e maschile, quella laicale, le nuove forme. È bella questa pluralità di vita consacrata che rende ricco e colorato il volto della nostra Chiesa e che questo giorno cada in coincidenza con la festa liturgica della Presentazione del Signore Gesù al Tempio.
Nel brano del Vangelo di Luca i protagonisti sono gli stessi e ancora medesima è la destinazione del loro cammino, il loro pellegrinaggio a Gerusalemme, dove trovano due vecchi: Anna e Simeone. Di quest’ultimo non viene detto che sia anziano ma così lo pensa la tradizione. È bello quest’ingresso così semplice nel Tempio. Ricorderemo pochi giorni prima della morte l’ingresso solenne di Gesù tra palme e ulivi ma questa volta l’ingresso è quasi nascosto e inavvertito: la grande città non si è accorta di Lui. Di ciò che è davvero importante si accorgono solo i piccoli e i semplici, come Anna e Simeone, due anziani.
Mi colpisce che la condizione del Tempio di Gerusalemme nei giorni di Gesù non era certo, come dire, particolarmente luminosa. Il Tempio era pieno di mercanti e cambiavalute e di credenti che aspettavano davvero il ritorno del Signore non ce ne erano molti, però ne basta qualcuno: Anna e Simeone. Mi pare che i protagonisti di questa pagina di Luca ci aiutino, ciascuno con la sua specificitàm a ricordarci qualcosa della vita consacrata.
Di Maria mi colpisce il suo “Sì”, il suo “Eccomi”. È la giovane donna che si consegna totalmente al Signore. Certo consegna il Bambino a Dio ma mesi prima aveva consegnato se stessa, dicendo all’angelo Gabriele “Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga per me secondo la Tua parola”. Maria dice il suo “Sì” senza capire tutto, tanto che, nonostante le molte annunciazioni, padre e madre “si stupivano delle cose che si dicevano di Lui”. Maria ci chiama alla totale disponibilità, è la donna della piena obbedienza, la donna che acconsente alle sorprese di Dio.
Con Maria c’è Giuseppe, custode silenzioso. Anche questa è una dimensione importante della vita cristiana: il silenzio che in apparenza non fa nulla ma protegge, copre, accompagna. C’è una paternità silenziosa e misteriosa che dovremmo imparare da lui. Quel giorno nel Tempio c’erano anche Anna e Simeone. Lei è una donna anziana segnata dal dolore perché per soli sette anni vive con lo sposo, poi rimane vedova e ora ha ottantaquattro anni, un tempo lunghissimo di solitudine. È così bello quello che dice Luca: “Non si allontanava mai dal Tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Anna ci insegna la fedeltà che attraversa la prova del tempo, non viene meno e ha il coraggio di rimanere, anche quando resti sola e le speranze giovanili si sono cancellate, offuscate.
Simeone è uomo giusto e pio, che aspetta la consolazione di Israele e, mosso dallo spirito, si reca al Tempio. Anche lui è una figura dell’attesa: accoglie tra le braccia il Bambino e benedice Dio, Maria Giuseppe e Gesù. È capace di “dire bene”. Quante volte la nostra vita è nel segno della maledizione invece che della benedizione! Siamo così capaci di dire male, dire cose vuote e banali, invece Simeone è capace di riconoscere in quel Bambino la luce attraverso la quale il Signore si rivela alle genti.
Il suo cantico, che preghiamo ogni sera a compieta, “Ora puoi lasciare che il tuo servo vada in pace”, non vuol dire “Adesso sono pronto a morire” ma qualcosa di più profondo, ossia che quando accogli il Signore Gesù e riconosci in Lui la luce della tua vita non c’è altro da fare. Basta e avanza riconoscere Gesù. A volte siamo tutti inutilmente affaccendati in tante cose non sempre utili, invece quando riconosciamo in Gesù la luce del mondo basta e avanza perché è la lue che illumina la nostra vita.
Un versetto all’inizio del Vangelo di Giovanni mi è molto caro e dice “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Questa è la bella notizia! Con la celebrazione di oggi si chiude in qualche modo il tempo degli inizi: i quaranta giorni dalla nascita di Gesù sono segnati dal tema della luce e da quel versetto di Giovanni. In quella condizione così poco luminosa del Tempio di Gerusalemme entra la luce, quasi a ricordarci che non c’è situazione di opacità, stanchezza o vecchiezza che non possa essere riscattata dalla luce di Dio che è Gesù.
Voi consacrati accogliete, con il segno della vostra consacrazione verginale, la luce che è Gesù. Questo basta e avanza per essere felici e ridare giustizia e speranza al nostro mondo. La vostra testimonianza è di chi volge lo sguardo verso la luce, cioè l’essenziale, ciò che soltanto conta. L’essenziale è ciò che testimonia Simeone accogliendo tra le braccia il Signore Gesù e che testimoniamo noi quando non ci dimentichiamo di Gesù.
Oggi la Chiesa in Italia celebra anche la Giornata per la: è importante trasmettere la vita, segno di speranza, come recita il messaggio dei vescovi, che parla dell’inverno demografico, dei genitori, dell’accogliere un figlio. In qualche modo anche voi consacrati e consacrate trasmettete la vita con la vostra testimonianza, pur non essendo biologicamente padri e madri. È bello pensare che in una Chiesa sinodale c’è spazio per tutti, per ogni cammino, vocazione ed età. Nella gioia di questo giorno tutti noi, così come siamo, nella nostra piccolezza, possiamo testimoniare, quasi senza saperlo, la luce di Dio che è Gesù.
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